Fotocamere reflex a pellicola: come funzionano? Spiegazione, dettagli, caratteristiche

Anche nel mondo della fotografia è innegabile che molti esperti e intenditori del settore, prediligano un modus operandi più tradizionalista. La modernità ha portato delle migliorie e sviluppi straordinari se pensiamo alle vecchie foto di due secoli fa. Le origini della fotografia stessa sono antiche. I procedimenti erano estremamente lunghi e i risultati poco più che accettabili. Eppure uno degli strumenti più noti del settore, la pellicola, malgrado sia un elemento per molto obsoleto, ancora oggi riscontra un notevole interesse. Vedremo in questo articolo il funzionamento di una macchina reflex a pellicola ovvero analogica. Scopriamone insieme i dettagli.

Da cosa è composta la pellicola?

La pellicola è in film suddiviso in strati differenti, composta da milioni di grani fotosensibili ognuno dei quali posto al di sopra di una striscia di plastica. Il processo di incisione dell’immagine avviene non appena i grani fotosensibili vengono colpiti dalla luce. Questo causerà quindi, una vera e propria reazione chimica. Nella fattispecie le pellicole si differenziano in due macro categorie:

  

  • Pellicola in bianco e nero.
  • Pellicola a colori.

  

Per quanto riguarda la pellicola in bianco è nero, possiamo dire che è composta esclusivamente da un solo strato fotosensibile, mentre quella a colori si presenta strutturata in modo decisamente più complesso, ovvero:

  1. Film
  2. Sottostrato.
  3. Strato sensibile rosso.
  4. Strato sensibile verde.
  5. Filtro giallo.
  6. Strato sensibile blu.
  7. Filtro UV
  8. Strato protettivo.
  9. Strato sensibile alla luce.

  

Come funziona una reflex analogica con pellicola?

Scendendo più nei particolari, la reflex a pellicola ha in sé un meccanismo più complesso, in quanto gran parte dell’abilità del fotografo sarà quella di saper gestire al meglio la pellicola stessa sia prima che dopo l’utilizzo. Da questo dipenderà il risultato di un’intera sessione fotografica. Tuttavia, essendo un argomento abbastanza articolato, cercheremo di far chiarezza di seguito. Andiamo quindi a leggere i dettagli.

È con lo scatto che ha inizio tutto il processo. Quando viene premuto il pulsante di scatto, l’otturatore si alzerà permettendo così alla luce di colpire indisturbata la pellicola posta all’interno della reflex. Da quanto e come si aprirà l’otturatore, sarà stabilito che qualità di luce avrà la nostra fotografia scattata. Di fatti, se la luce non è abbastanza e non abbiamo aperto come si dovrebbe l’otturate, la foto verrà scura (sottoesposta) se al contrario manterremmo l’otturatore eccessivamente aperto e per un tempo prolungato, la foto risulterà sovraesposta. Praticamente gestendo la luce gestiremo il risultato finale della nostra fotografia.

Come bisogna regolarsi nella scelta della pellicola?

Ebbene, le caratteristiche fondamentali con cui contraddistinguere o meno una pellicola sono principalmente gli ISO (grani fotosensibili). Non è di certo a caso che sappiamo quanto aprire o chiudere l’otturatore per scattare una foto. Già è la pellicola stessa che ci suggerirà di quanta luce avrà bisogno per garantire un buon risultato. Di norma, gli ISO si conteggiano da 100 per arrivare fino a 6400. Ogni tipologia di foto e in base soprattutto a quale sarà il nostro soggetto, sapremo indirizzarci al meglio nella scelta della pellicola corretta. Ad esempio, dovessimo fotografare in pieno sole, la quantità preferibile di ISO sarà di 100. Viceversa, se fotograferemo in un ambiente con scarsa luminosità, avremmo necessariamente bisogno di aumentare gli ISO. In questo caso anche un 1600 potrebbe fare al caso nostro.

In parole povere, più è la luce a disposizione meno ISO occorreranno, più l’ambiente è buio e primo di illuminazione maggiori saranno gli ISO.

Cosa accade al momento dello scatto.

Il meccanismo che si cela dietro ad un semplice scatto, ha una sua complessità intrinseca che per spiegarla terremo in considerazione due fattori ben precisi.

  • Quanta luce attraversa la lente (quindi l’obiettivo)
  • Il tempo di esposizione della pellicola alla luce.

  

Il Diaframma.

Questo è un elemento imprescindibile. Per capire il funzionamento del diaframma basterà prendere in esempio dell’iride nell’occhio umano. Per aumentare o diminuire la quantità di luce, bisognerà modificare le dimensioni del diaframma. Quando il diaframma è impostato su un’apertura maggiore, ecco che la luce entrerà con più facilità nella nostra reflex. Al contrario, se risulta più chiuso, la luce passerà con più fatica. 

Come si controlla la sua apertura?

Il modo manuale di gestire apertura e chiusura del diaframma su una macchina reflex analogica è tramite un anello a ghiera posto alla base della lente montata sulla reflex. Incisi sulla ghiera troveremo dei numeri con una sigla che sta ad indicare proprio la modifica del diaframma. La sigla è f o f-stop. Per regolarci ulteriormente e non sbagliare punti di riferimento, classifichiamo una numerazione di riferimento a seconda di una maggiore o minore apertura del diaframma:

  • f 1.8 Diaframma totalmente aperto.
  • f 22 Diaframma totalmente chiuso.

  

Chiaramente, tra i due valori ci sono una serie di ulteriore numerazioni che possono benissimo considerarsi vie di mezzo. Ma arrivati a questo punto, facciamo un bel riepilogo.

Ricapitolando il processo di funzionamento.

Per chiarire ulteriormente le idee sintetizziamo ancora meglio i vari passaggi che determinano il funzionamento di una macchina reflex analogica:

  • Allo scatto, una volta preimpostata l’apertura del diaframma in base alle condizioni esterne, la luce colpirà la pellicola all’interno della reflex. Questo processo è gestibile anche per un fattore di tempo. Di fatti, sarà possibile controllare la velocità di chiusura dell’otturatore attraverso un’altra ghiera dove sono riportati delle numerazioni indicate come frazione di secondo.

In sintesi, per scattare una foto si dovranno bilanciare al meglio tre fattori differenti: La sensibilità della pellicola (ISO), la velocità dell’otturatore e l’apertura del diaframma.

Questa gestione, che deve essere fatta a regola d’arte, è facilmente tenuta sotto controllo da una funzione interna alla reflex, ovvero l’esposimetro. Questo particolare elemento, una volta inquadrato il soggetto, sarà in grado di tradurci a grandi linee i valori opportuni da impostare per ottenere un risultato ottimale e conforme alle aspettative.

Conclusioni.

La differenza sostanziale tra una reflex analogica o digitale è sostanzialmente la presenza o meno della pellicola. A livello di nozioni tecniche e competenze del fotografo non cambia praticamente nulla. Un appunto potrebbe essere quello di sottolineare un maggiore costo da affrontare per l’analogica, in quanto vanno considerati i costi di acquisto delle pellicole e il loro relativo sviluppo se non si è muniti di una camera oscura.

Siciliana laureata in Discipline dello Spettacolo e Comunicazione alla facoltà di Pisa. Appassionata di arte, musica e scrittura. Mi occupo di scenografia cinematografica e nel tempo libero scrivo romanzi in self publiscing. Mi diletto anche nella musica e nella pittura.

“La vita non sarebbe niente senza un pizzico di arte”

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